La pratica dello yoga come non ti è mai stata raccontata
Patanjali definisce lo yoga come "la soppressione delle modificazioni della mente", il suo intento è quello di fermare il flusso psico-mentale arrestando le componenti dinamiche dell'inconscio.
La pratica dello Yoga ci porta faccia a faccia con la straordinaria complessità del nostro proprio essere. (Sri Aurobindo)
La funzione mentale più evoluta del nostro cervello è forse proprio quella inibitoria, situata nella corteccia prefrontale assume una caratteristica che identifica in modo specifico l'essere umano. Patanjali suddivide lo yoga in otto classi verticali:
i freni (yama)
le discipline (niyama)
le posture (asana)
la regolazione del respiro (pranayama)
l'emancipazione dell'attività sensoriale (pratyahara)
la concentrazione mentale (dharana)
la meditazione yoga (dhyana)
il raccoglimento perfetto (samadhi)
Yoga significa unione: unione di mente e corpo, unione di sé con il divino, unione con gli altri e così via. È una disciplina che parte dal corpo e si estende alla filosofia e alla meditazione; lavora sul concreto per sondare il sé e cosa ci sia oltre. Più di tutto, “Lo yoga è 99% pratica e 1% teoria”. (Sri Pattabhi Jois)
I freni sono 5: non uccidere, non mentire, non rubare, astenersi dalle relazioni sessuali, non essere avaro. Le discipline sono: la pulizia, la serenità, l'ascesi, lo studio della metafisica dello yoga e lo sforzo di porre Dio come ragione di tutte le proprie azioni. Le posture devono essere sperimentate e ricercate perché solo una giusta postura permetterà l'acceso ai livelli successivi della pratica. La respirazione ha come obiettivo quello di rallentare la respirazione ponendola sotto il controllo della mente. Dal momento che tutti gli organi regolano la loro attività sulla frequenza respiratoria si stabilisce un legame tra questa e gli stati mentali. L'attività sensoriale si ritrae e si libera dall'influenza degli stimoli esterni. Il primo accesso agli stati mentali elevati passa dalla concentrazione per arrivare alla meditazione vera e propria evolvendo poi nello stato di contemplazione del samadhi. (Liberamente tratto da Neuropsicologia dell'esperienza religiosa, Franco Fabbro, Edizioni Astrolabio)
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